Lourdes

L'Unitalsi è accanto ai malati da più di 110 anni. © Vatican Media

La prima apparizione, ebbe luogo il giovedì grasso, 11 febbraio 1858, verso mezzogiorno e trenta circa. Ecco il racconto della veggente.

“Il giovedì grasso faceva freddo e il tempo era tetro. Ora di pranzo. 

La mamma ci disse che non aveva più legna in casa e che era preoccupata per questo. Per far piacere alla mamma, mia sorella Tonietta ed io ci offrimmo di andare a raccogliere rami secchi sulla sponda del fiume. 

La mamma ci rispose di no, poiché il tempo non era troppo buono e potevamo correre il rischio di cadere nel Gave. 

La nostra vicina e amica insieme, Giovanna Abadie, che stava sorvegliando il fratellino e che aveva una gran voglia di andare con noi, corse a casa sua e poco dopo tornò dicendoci che aveva il permesso di accompagnarci. Mia madre continuava a non cedere alle nostre preghiere, ma vedendo che eravamo in tre, ci permise di andare. 

All'estremità del prato, quasi di fronte alla grotta di Massabielle, ci arrestammo davanti al canale del mulino. 

Nel canale l'acqua non era profonda, però era fredda. Io avevo paura ad entrarvi. Giovanna Abadie e mia sorella presero gli zoccoli in mano e attraversarono il ruscello. 

Allorché rimasi sola, dovetti decidermi a levarmi gli zoccoli e a passare a guado il canale, come avevano fatto Giovanna e mia sorella. 

“Mentre mi stavo togliendo la prima calza, udìi improvvisamente un gran fragore, simile al fragore di un temporale. 

Guardai a destra, a sinistra e poi sugli alberi vicini al fiume. 

Nulla, però, si muoveva; forse, pensai, ero stata vittima di un'illusione. 

Terminai, perciò, di scalzarmi, allorché tutt'a un tratto si fece sentire un altro fragore, simile al primo. 

Allora fui presa dallo spavento e mi voltai verso destra. 

Volevo dire qualcosa, ma da sola non riuscivo a cavar fuori le parole. 

E non sapendo che cosa pensare di quel fatto, girai lo sguardo verso la sponda del fiume che si stende accanto alla grotta. 

Quasi nello stesso istante uscì dall'interno della grotta una nube colore oro; subito dopo apparve, all'ingresso di quell'apertura, al di sopra del cespuglio, una Signora giovane e bella, soprattutto bella, come non ne avevo viste mai. 

“Non appena ella mi ebbe scorto, mi sorrise e mi fece segno di venire avanti, come se fosse stata mia madre. 

La paura era scomparsa e non sapevo più dove mi trovassi. 

Mi stropicciai gli occhi, li socchiusi e li aprìi di nuovo; ma la Signora era sempre lì, che mi sorrideva e mi faceva capire che non mi stavo ingannando. 

Non mi rendevo conto di quel che stessi facendo. 

Presi dalla tasca la mia corona del rosario e caddi in ginocchio. 

La Signora approvò con un cenno del capo e prese lei pure tra le dita la corona che teneva appesa al braccio destro. 

Stavo iniziando la recita del rosario e volevo portare la mano al capo, quando il mio braccio rimase quasi paralizzato. 

Questo fatto durò fino a che la Signora non ebbe fatto il segno della croce. Feci anch'io la stessa cosa. La Signora mi lasciò pregare da sola; Ella faceva scorrere i grani della corona tra le dita, ma non diceva nulla. 

Solo al termine di ogni decina Ella recitava insieme con me: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. 

“Quando la recita del rosario fu ormai completata, la Signora tornò all'interno della roccia e la nube d'oro scomparve insieme con Lei”…

“La Signora ha l'aspetto di una ragazza di sedici o diciassette anni. 

È vestita di un abito bianco, con una fascia azzurra che Le cinge i fianchi e Le scende lungo l'abito. Sul capo porta un velo, pure bianco, che lascia appena scorgere i Suoi capelli e che scende dalle spalle fin sotto l'abito. 

I Suoi piedi sono nudi, leggermente coperti dalle pieghe dell'abito: sull'uno e sull'altro piede risplende una rosa gialla. 

Sul braccio destro tiene una corona del rosario con i grani bianchi, infilati su una catenella d'oro risplendente come le rose ai piedi”. 

Così Bernardetta concludeva il suo racconto: “Scomparsa la Signora, Giovanna Abadie e mia sorella tornarono verso la grotta e mi trovarono inginocchiata nello stesso posto nel quale mi avevano lasciata. 

Si misero a deridermi, chiamandomi sciocchina e bigotta. 

Inoltre, mi fecero capire che in un modo o in un altro dovevo andare di là insieme con loro. 

In quel momento non ebbi più la minima esitazione ad attraversare il torrente e sentìi che l'acqua era tiepida, come fosse quella per lavare le stoviglie. 

“Legammo in tre fasci i rami e i pezzi di legna che le mie compagne avevano portato; subito dopo ci arrampicammo sul pendio di Massabielle e ci incamminammo nuovamente lungo il sentiero che fiancheggia il bosco. 

Mentre ci dirigevamo in fretta verso la città, io chiesi a Giovanna e a Maria se non avessero notato nulla nella grotta. 

“"Nulla" - risposero - Ma perché ci fai questa domanda?". 

“"Oh, allora niente!", risposi loro con indifferenza. 

“Nonostante questo, però, prima di giungere a casa rivelai a mia sorella Maria le cose straordinarie che mi erano capitate a Massabielle. 

La pregai solo di mantenere il silenzio. Nel corso di tutta quella giornata l'immagine della Signora rimase profondamente impressa nella mia memoria. 

“La sera, mentre recitavamo le preghiere in famiglia, divenni triste e mi venne da piangere. 

“"Che cosa ti succede?", mi chiese la mamma. 

“Maria si affrettò a rispondere a nome mio e io fui costretta a dare le spiegazioni sull'avvenimento improvviso della giornata. 

“"Sono comuni allucinazioni - rispose la mamma - Devi scacciar dalla testa questi pensieri al più presto possibile, e soprattutto non tornerai più alla grotta". 

“Andammo a letto, ma io non riuscìi ad addormentarmi. 

La figura della Signora, così buona e così affascinante, mi tornava incessantemente alla memoria. “Mi ricordavo quel che la mamma mi aveva detto; non ero capace di convincermi di essere stata ingannata”.

Bernardetta raccontava queste cose con una semplicità così grande che coloro che l'ascoltavano non potevano fare a meno di affermare: “Questa fanciulla ha detto la verità”. (SK 1316)

La figura della Signora, così buona e così affascinante, mi tornava incessantemente alla memoria. “Mi ricordavo quel che la mamma mi aveva detto; non ero capace di convincermi di essere stata ingannata”.

Bernardetta raccontava queste cose con una semplicità così grande che coloro che l'ascoltavano non potevano fare a meno di affermare: “Questa fanciulla ha detto la verità”. (SK 1316)

Le parole umane non sono in grado di parlarci di Lei in modo adeguato, poiché Ella è immacolata, tutta bella, mentre le nostre parole non sono immuni da imperfezioni; anzi non sono senza macchia neppure le realtà create dalle quali viene tratto il loro significato. 

Il linguaggio umano deve solo aiutare l'anima ad avvicinarsi a Lei, perché sarà Lei stessa a manifestarsi in modo sempre più chiaro all'anima, la quale, nella preghiera, intrattenendosi frequentemente ed affettuosamente con Lei, La comprenderà in modo sempre più perfetto, rimarrà affascinata dalla Sua divina immacolatezza e si infiammerà di amore verso di Lei fino alla totale consumazione di se stessa. 

Noi La chiamiamo Madre, tuttavia una madre terrena non è immune da imperfezioni, per cui le istituzioni umane trattano pure dei diritti dei figli nei confronti dei genitori; questa Madre, invece, è una Madre senza macchia, immacolata, e qualsiasi riserva da parte del figlio sarebbe per Lei, e giustamente, causa di un dispiacere e un torto indicibili, poiché racchiuderebbe l'ipotesi che non è affatto impossibile in Lei la presenza della più piccola ombra di macchia. Anzi, il figlio che si affida a Lei desidera che Ella si serva di lui e lo consumi, desidera consumarsi per Lei. 

Noi La chiamiamo Signora, ma tale concetto allontana dal cuore materno. 

Noi La chiamiamo: Regina, ma anche qui è necessario aggiungere che Ella è Regina dei cuori, Regina d'amore. 

La Sua legge è l'amore, la Sua forza è l'amore materno. 

La sera del 24 marzo, mentre si trovava insieme con i familiari, Bernardetta informò i genitori dell'ispirazione interiore che aveva ricevuto e parlò, come di cosa certa, della felicità che il giorno seguente l'attendeva alla grotta. Profondamente presa da questo pensiero, andò a dormire, ma il sonno non riuscì a farle chiudere le palpebre. La notte le parve lunga; le sue labbra sussurrarono molte "Ave Maria" del rosario. 

Non appena la prima luce del giorno ebbe fatto capolino nella casa dei Soubirous, Bernardetta lasciò il letto, si vestì sollecitamente e, senza badare all'asma che aveva ripreso a tormentare il suo debole organismo, con un passo veloce e snello si incamminò in direzione della grotta di Massabielle. Giuntavi, quale sgomento la colse! 

La nicchia era già illuminata e la Signora l'attendeva!... "Ella era tranquilla - afferma Bernardetta - sorridente e aveva lo sguardo rivolto verso la folla, come una madre piena di tenerezza guarda i propri figli". 

La veggente aggiunse: 

“Allorché mi inginocchiai davanti alla Signora, La pregai di perdonarmi per il ritardo nel giungere a Massabielle. Sempre tanto buona verso di me, mi fece cenno con il capo che non mi dovevo scusare affatto. Le manifestai allora tutti i miei sentimenti di amore, la mia profonda venerazione e la felicità che mi era concessa di rivederla ancora. 

“Mi trattenni a parlare con Lei di tutto ciò che il mio cuore sentiva, quindi presi la corona del rosario tra le mani. Mentre stavo immersa nella preghiera, mi venne alla mente l'idea di chiedere alla Signora il suo nome. 

Questo pensiero mise in disparte tutti gli altri che affollavano la mia mente. 

Temevo di essere importuna nel ripetere una richiesta che era sempre rimasta senza risposta; qualcosa, tuttavia, mi spingeva a parlare. 

Finalmente, prodotte da una specie di agitazione che non riuscivo a dominare, uscirono delle parole dalle mie labbra e supplicai la Signora di esser così buona da dirmi chi era. 

“Allora, come alle stesse domande rivoltele nelle precedenti occasioni, la Signora chinò il capo, sorrise, ma non rispose nulla. 

Non sapevo il perché, ma in quel momento mi sentivo più coraggiosa e tornai a chiederle la grazia di rivelarmi il suo nome. 

“La Signora sorrise di nuovo, si inchinò verso di me con tanta amabilità, tuttavia non mi rivolse alcuna parola neppure questa volta. 

“Rinnovai la domanda per la terza volta, con le mani giunte e con la sincera convinzione di non essere degna della grazia che domandavo”. 

Alla mia terza domanda Ella assunse un atteggiamento grave e profondamente umile... congiunse le mani e le sollevò all'altezza del petto... volse lo sguardo verso il cielo...; quindi, allargando lentamente le mani e chinandosi verso di me, mi disse con voce tremante: IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE!” (SK 1317)

 Queste parole sono uscite dalla bocca dell'Immacolata stessa; perciò debbono indicare con la massima precisione e nel modo più essenziale chi Ella è. Tuttavia, è possibile ed è perfino necessario - almeno entro i limiti nei quali la nostra intelligenza e le nostre parole sono in grado di farlo - pensare e parlare e scrivere e leggere sull'Immacolata. 

Chi sei, o Immacolata Concezione? 

Non Dio, poiché Egli non ha principio; non un angelo, creato direttamente dal nulla; non Adamo, plasmato con il fango della terra; non Eva, tratta da Adamo; e neppure il Verbo incarnato, il quale esisteva già dall'eternità ed è “concepito” piuttosto che “concezione”. 

Prima della concezione i figli di Eva non esistevano, perciò possono meglio chiamarsi “concezione”, tuttavia Tu differisci anche da loro, poiché sono concezioni contaminate dal peccato originale, mentre Tu sei l'unica Concezione Immacolata. 

Tutto ciò che esiste al di fuori di Dio, proprio per il fatto che proviene da Dio, totalmente e sotto ogni aspetto da Dio, porta in sé una somiglianza con il Creatore, e nel creato non esiste nulla che non rechi in sé una tale somiglianza, poiché tutto è effetto di questa prima causa. 

La verità è che le parole che definiscono realtà create ci parlano delle perfezioni divine soltanto in modo imperfetto, limitato, analogico. 

Sono un eco più o meno lontano degli attributi divini, come le svariate creature che esse definiscono. 

Ma la concezione costituisce forse un'eccezione? Non è possibile, poiché in questo campo non esistono eccezioni di sorta. Il Padre genera il Figlio, mentre lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio. 

In queste poche parole è racchiuso il mistero della vita della Santissima Trinità e di tutte le perfezioni esistenti nelle creature, le quali non sono altro che un eco diverso, un inno di lode in toni multicolori di questo primo bellissimo mistero. 

Noi dobbiamo pur servirci delle parole tratte dal vocabolario delle creature, dato che non ne abbiamo altre, anche se dobbiamo ricordarci sempre che si tratta di parole assai imperfette. 

Chi è il Padre? Che cos'è ciò che costituisce il Suo essere? La generazione, poiché Egli genera il Figlio, dall'eternità e per l'eternità genera sempre il Figlio. 

Chi è il Figlio? È colui che è generato, poiché sempre e dall'eternità è generato dal Padre. 

E chi è lo Spirito? È il frutto dell'amore del Padre e del Figlio. Frutto dell'amore creato è una concezione creata. Pertanto, il frutto dell'amore, del prototipo di questo amore creato, non è niente altro che una concezione. 

Lo Spirito, perciò, è una concezione increata, eterna, è il prototipo di qualsiasi concezione di vita nell'universo. 

Quindi, il Padre genera, il Figlio è generato, lo Spirito procede, e questa è la loro essenza, per la quale si distinguono l'uno dall'altro. Li unifica, invece, la medesima natura. L'esistenza divina per essenza. Lo Spirito, perciò, è una concezione santissima, infinitamente santa, immacolata. 

Nell'universo noi incontriamo ovunque un'azione e una reazione uguale a tale azione, ma contraria, un'andata e un ritorno, un allontanamento e un avvicinamento, una divisione e una unificazione. La divisione, però, è sempre per l'unificazione, la quale è creativa. Ciò non è altro che una immagine della Santissima Trinità nell'attività delle creature. L'unificazione è amore, amore creativo. 

E non altrimenti procede l'attività di Dio al di fuori di se stesso: Dio crea l'universo e questa azione è in certo qual modo una separazione. Mediante la legge naturale ricevuta da Dio le creature, dal canto loro, si perfezionano, divengono simili a questo Dio, ritornano a Lui; le creature ragionevoli, poi, Lo amano coscientemente e si uniscono sempre più a Lui mediante tale amore, fanno ritorno verso di Lui. 

Inoltre, la creatura totalmente piena di questo amore, di divinità è l'Immacolata, senza la benché minima macchia di peccato, Colei che non deviò mai in nessuna cosa dalla volontà divina. Ella è congiunta in modo ineffabile con lo Spirito Santo, per il fatto che è Sua Sposa, ma lo è in un senso incomparabilmente più perfetto di quello che tale termine può esprimere nelle creature. 

Di quale genere è questa unione? Essa è innanzi tutto interiore, è l'unione del Suo essere con l'essere dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo dimora in Lei, vive in Lei, e ciò dal primo istante della Sua esistenza, sempre e per l'eternità. In che cosa consiste questa vita dello Spirito Santo in Lei? 

Egli stesso è amore in Lei, l'amore del Padre e del Figlio, l'amore con il quale Dio ama se stesso, l'amore di tutta la Santissima Trinità, l'amore fecondo, la concezione. 

Nelle somiglianze create l'unione d'amore è la più stretta. La sacra Scrittura afferma che saranno due in una sola carne [cf. Gen 2, 24] e Gesù sottolinea: “Così che non sono più due, ma una carne sola” [Mt 19, 6]. 

In un modo senza paragone più rigoroso, più interiore, più essenziale, lo Spirito Santo vive nell'anima dell'Immacolata, nel Suo essere e La feconda, e ciò fin dal primo istante della Sua esistenza per tutta la vita, ossia per sempre. Questa Concezione Immacolata Increata concepisce immacolatamente nel grembo dell'anima di Lei [Maria] la vita divina, ossia la Sua Immacolata Concezione. 

Pure il grembo verginale del corpo di Lei è riservato a Lui, che vi concepisce nel tempo - come tutto ciò che è materiale avviene nel tempo - anche la vita divina dell'Uomo-Dio. 

E così il ritorno a Dio, la reazione uguale e contraria procede per la via inversa a quella della creazione. Quanto alla creazione [tale cammino viene] dal Padre attraverso il Figlio e lo Spirito, mentre qui, per mezzo dello Spirito, il Figlio si incarna nel grembo di Lei e, attraverso Lui, l'amore ritorna al Padre. Ella, poi, inserita nell'amore della Santissima Trinità, diviene fin dal primo istante dell'esistenza, per sempre, in eterno, il complemento della Santissima Trinità. 

Nell'unione dello Spirito Santo con Lei, non solo l'amore congiunge questi due Esseri, ma il primo di essi è tutto l'amore della Santissima Trinità, mentre il secondo è tutto l'amore della creazione, e così in tale unione il cielo si congiunge con la terra, tutto il cielo con tutta la terra, tutto l'Amore Increato con tutto l'amore creato: è il vertice dell'amore. 

A Lourdes, poi, l'Immacolata non si è autodefinita: “Concepita senza peccato”, ma, come racconta la stessa santa Bernardetta: “Alla mia terza domanda il Suo volto assunse un'espressione di gravità e nello stesso tempo di umiltà profonda... Congiungendo le palme delle mani come in preghiera, le sollevò fino all'altezza del petto... volse lo sguardo verso il cielo... quindi, allargando lentamente le mani e inchinandosi verso di me, disse con una voce, nella quale si poteva notare un leggero tremore: "Qué soy éra Immaculada Councepsiou" (Io sono l'Immacolata Concezione) ”. 

Se fra le creature una sposa riceve il nome dello sposo, per il fatto che appartiene a lui, si unisce a lui, si rende simile a lui e, in unione con lui, diviene fattore creativo di vita, quanto più il nome dello Spirito Santo, “Immacolata Concezione”, è il nome di Colei nella quale Egli vive di un amore che è fecondo in tutta l'economia soprannaturale. (SK 1318)